Questo periodo di pandemia sta facendo emergere da una parte atti di attenzione e dall’altra di selezione della vita umana
Molti sono rimasti scandalizzati dalla notizia che, nei Paesi Bassi, i medici di base siano stati invitati dalle autorità sanitarie a contattare i pazienti anziani per far loro sottoscrivere una dichiarazione di rifiuto della ventilazione in terapia intensiva in caso di ricovero in ospedale per Covid-19.
A dire il vero, non è una novità: già nel 2003 – quasi 20 anni fa – il Comitato Nazionale di Bioetica segnalava la prassi di un celebre ospedale londinese che, nel ricoverare pazienti al di là della soglia dei 75 anni, proponeva la firma di dichiarazioni di rinuncia a terapia di sostegno vitale, nel caso di sopravvenienza di eventi infausti, anche se non estremi, quali la perdita della vista o della mobilità.
Ciò che viene chiesto a questi anziani è banalmente una Disposizione anticipata di trattamento: proprio come quella in vigore nel nostro Paese in base alla legge 219 del 2017. In forza di tale legge, anche in Italia un anziano che lasciasse il rifiuto scritto di ventilazione, in caso di ricovero verrebbe lasciato morire. Il Comitato di Bioetica si chiedeva se quella dell’ospedale inglese fosse solo una proposta o rappresentasse, in realtà, una imposizione, vista la fragilità dei pazienti, fisica e psichica, e denunciava il rischio di favorire un atteggiamento di resa nei confronti della morte: poneva, quindi, la questione se vi fosse una libertà effettiva nel redigere le DAT per una categoria a rischio, gli anziani.
Questo periodo di pandemia globale, così duro e doloroso per tutti, sta facendo emergere, da una parte, atti di grande eroismo e dedizione, atteggiamenti diffusi di solidarietà e condivisione, forte senso di comunità fra tutti gli uomini con l’accettazione di limitazioni necessarie al bene comune, attenzione ai più deboli; dall’altra, la fredda e implacabile azione di selezione e di morte: dagli “inviti” dei medici olandesi alle linee guida in Italia e in Catalogna che raccomandano di non sottoporre gli anziani a terapia intensiva, anche se possibile, a quelle, negli Stati Uniti, che raccomandano di non farlo nemmeno con i disabili, fino a giungere alle condotte di abbandono dei malati nelle case di riposo e nelle RSA; nel frattempo altri rivendicano come essenziale la prosecuzione degli interventi abortivi o sottolineano che è il momento di spingere per la legalizzazione della cannabis.
Qualche domanda per coloro che hanno esultato per l’introduzione delle DAT e per il riconoscimento del diritto al suicidio: non avete ancora capito? Non avete compreso che chi li ha favoriti non si interessa affatto della vostra libertà e della vostra autodeterminazione? Che, in un modo o nell’altro, ad un certo punto della vita – che l’abbiate chiesto o meno – potrebbero dirvi che è il momento di farla finita? Che si è scatenata la guerra agli anziani, soprattutto se poveri, considerati un peso per la società? Che sullo sfondo c’è la “pillola per la vita completata” resa disponibile ai settantenni, che saranno caldamente invitati ad usarla?
Solo ribadendo che ogni vita umana è degna di rispetto e di amore, solo abrogando le leggi di morte, ne usciremo fuori: più forti, più uniti, più consapevoli.