Anche a Mondello il banco solidale “chi può metta, chi non può prenda”
Da qualche giorno su facebook stanno circolando alcune foto scattate a Napoli, in cui si vede un cesto calato da un balcone con una fune e con su scritto: “chi può metta, chi non può prenda”.
Questa lodevole iniziativa sta cominciando a diffondersi anche e non solo nella mia città, Palermo. Il cesto di vimini calato dal balcone con la fune viene chiamato “panaro” ed è molto diffuso nelle borgate e nei quartieri più popolari, in cui gli edifici antichi sono massimo di tre piani e le signore acquistano beni di consumo, soprattutto alimenti, dai venditori ambulanti che si aggirano per le viuzze intricate e contorte del centro storico, senza bisogno di uscire di casa.
Nella borgata marinara di Mondello la bancarella del venditore di cedri è stata riadattata per fungere da bancone, in cui ognuno può porre qualcosa per le famiglie più bisognose; non solo cibo quindi, ma anche bottiglie d’acqua, detersivi, tutto quello che necessita in casa ma che non tutti possono permettersi di acquistare.
Sì, perché mentre c’è chi si rivolge compulsivamente allo shopping on line (cosa che fortunatamente è stata di recente regolamentata), c’è anche chi non dispone più di alcuna fonte di reddito e non sa cosa mettere a tavola per i propri figli.
Non parlo solo delle classi sociali più disagiate, ma anche di nostri insospettabili amici, parrocchiani, vicini di casa, che lavorando in proprio si sono improvvisamente trovati in una condizione di disagio, economico e psicologico.
Il cesto o il banco di solidarietà sono un modo spontaneo e dignitoso di redistribuire le nostre risorse, materiali ed emotive.
Chi oggi dona un pacco di pasta potrebbe ritrovarsi un giorno a doverne prendere uno per se e siccome la carità è silente e discreta, questa iniziativa può concretamente instillare la consapevolezza che siamo tutti parte di un unico sistema, che una rete di relazioni invisibili ma non per questo meno forti e tenaci, ci lega indissolubilmente gli uni agli altri.
Spero sinceramente che per ogni persona che doni qualcosa fuori dai riflettori del nostro mondo mediatico, ce ne sia una che prenda ciò di cui necessita senza vergogna, anzi, a testa alta e con grande dignità.
Ogni forma di pubblicità ad iniziative di questo genere non servirà a solleticare e gratificare l’ego di chi decida di aderirvi, ma semplicemente a dare un esempio che possa moltiplicarsi esponenzialmente in ogni comune d’Italia in cui la parola “solidarietà” abbia ancora un senso.
Antonella Fortino