La Covid Quaresima: perfezionare la tecnica per superare questo periodo di avversità
Che giorno è oggi? Marzo è quasi finito. Siamo nel 2020. Marzo 2020. E’ primavera. La primavera in Italia è sempre uno spettacolo, allergie a parte, s’intende. Ma questa primavera è diversa. E’ una covid-primavera.
Covid-19: un virus che ormai conosciamo fin nelle private pieghe della sua capside. Ne conosciamo forma, colore, modalità di trasmissione, letalità. Non c’è cura e non c’è vaccino. Siamo scoperti. Possiamo difenderci solo con la prevenzione. Dobbiamo stare a casa.
Pandemia. Tutto il mondo è sottosopra per il Covid-19. La cosa più terribile di questo periodo è che non possiamo abbracciarci, dimostrare il nostro bene, siamo costretti nel nostro microcosmo familiare, terrorizzati dall’idea di portarci a casa il nemico e uccidere le persone che amiamo.
Il Covid ti annienta velocemente, ti toglie il fiato e ti fa morire da solo, senza il conforto e il saluto di nessuno. E siccome sei contagioso anche da morto, ti portano via con i mezzi militari per bruciarti in un’altra città senza un funerale. I funerali sono vietati.
L’idea non ci piace e cerchiamo di fare a casa tutto quello che facevamo prima: lavoriamo in smart working per esempio, eccetto i nostri eroi: i medici, i sanitari, i farmacisti, gli addetti alle pulizie, gli operatori dei supermercati, gli autisti dei mezzi pubblici e perdonatemi se scordo qualcuno che in questo periodo è precettato e costretto ad andare al fronte per noi.
In meno di un mese sono nate le apericene on-line, il fitness via whatsapp, le lezioni su skype, il canta-tu sui balconi e persino le sedute dallo psicologo via web. Di quello ora abbiamo bisogno un po’ tutti.
La cosa terribile è che possiamo pregare solo da casa. Niente Santa Messa, niente Riconciliazione, niente Eucarestia.
Il Papa ci esorta alla conversione e per la prima volta nella storia, almeno che io sappia, durante questa Quaresima particolarissima ci regala un’indulgenza plenaria generale. Dobbiamo stare coi fianchi cinti?
In tutto questo scenario già abbastanza apocalittico ci siamo noi. Pessimi, come sempre.
Sì perché, se è vero che nei momenti difficili l’essere umano sviluppa capacità di resilienza e adattamento straordinarie, è anche vero che sotto stress spesso alimenta dentro di sé un maledetto cancro: la cattiveria, l’intolleranza, l’impazienza, la disobbedienza, la diffidenza, in una parola l’”assenza d’amore”.
Si assiste quotidianamente a numerosissime “assenze d’amore”.
Quella di chi ti dice:”Ti farà bene stare un po’ lontana dalla Chiesa, in fondo il tuo Dio lo devi trovare dentro di te, non da qualche parte là fuori”.
Quella di chi ti “ruba il lavoro” solo perché ha un codice ATECO diverso dal tuo.
Quella di chi decuplica i prezzi delle mascherine e dell’amuchina, beni ormai introvabili.
Quella di chi al supermercato ti spinge più in là solo per accaparrarsi l’ultimo barattolo di Nutella.
Quella di chi non ha mai fatto sport ma ora ha la necessità di andare a correre otto volte al giorno, portare il cane con la prostata sei volte a fare pipì, buttare la spazzatura ad ogni ora della giornata.
Quella di chi sputa per terra. O ti guarda con disprezzo perché tu la mascherina ce l’hai. Perché forse sei malata.
Quella di chi passa la giornata alla finestra a fare foto e a postare epiteti irripetibili sui social a tutti quelli che sono in strada: “E allora io, che sto a casa, sono fesso?”.
Quella di chi non si preoccupa dei deboli, degli anziani, dei malati oncologici, degli immunodepressi e va in giro spavaldamente senza un motivo importante, ma soprattutto senza mascherina e guanti, “tanto non servono”. Perché visto che, facendo un conto della serva, dovrebbero esserci in Italia una cosa come più di mezzo milione di persone covid-positive asintomatiche, se TUTTI indossassimo una mascherina e un paio di guanti, forse, sottolineo forse, potremmo fermare il virus invece di farlo girare come una trottola impazzita!
Durante l’omelia di domenica -fantastica la Santa Messa in streaming!- Padre Daniele, che è un appassionato delle arrampicate e della montagna, ci ha parlato di come si devono affrontare le avversità.
Quando in montagna trovi un ostacolo, devi pensarci bene prima di affrontarlo: la montagna non perdona. Un piede in fallo e cadi giù portandoti dietro gli altri.
Con il Covid è così. Dobbiamo acquisire la tecnica. Perfezionarla. Farla nostra. E pensare agli altri che sono in cordata dietro di noi, che si fidano di noi. Non possiamo combattere il virus solo con la forza, perché, se il prossimo ostacolo ci troverà più deboli, non saremmo in grado di spuntarla un’altra volta!
Dobbiamo affrontare il problema nella debolezza. Dobbiamo trovare il Davide che è nel nostro profondo e perfezionare la tecnica. Ma soprattutto dobbiamo farlo tutti insieme.
Non dobbiamo cadere nella tentazione del pensiero: “ Se sono l’unico a seguire le regole non servirà a nulla….”. Servirà a te, alla tua famiglia, al tuo condominio, al tuo quartiere, alla tua città, al tuo paese e al mondo intero.
E, la prossima volta che succederà, avrai gli strumenti per affrontarlo e li avrai insegnati ai tuoi figli. Concentriamoci sul bene. E facciamolo a casa.
Morena De Carlo