Il chiarore dell’Aurora, recensione
IL CHIARORE DELL’AURORA (recensione) di (Franco Baccarini). Scheda del libro: “Il chiarore dell’aurora” di Giorgio Palazzi Editore: Europa Edizioni – Roma Data di Pubblicazione: febbraio 2018 Pagine: 240
Cominciamo con la sinossi del romanzo. In un futuro non molto lontano dove incalzano le nuove tecnologie, i rapporti umani vanno complicandosi, come avviluppati nella morsa del progresso, rabbuiati nella gigantesca ombra del potere.
Il Paese è governato da una ristretta e selezionata élite, un comitato direttivo a capo di un organismo denominato Accademia. Paolo Donati, il protagonista del romanzo, è un eminente ricercatore, attivamente impegnato nella vivace società scientifica; uomo dotato di grande sensibilità, spirito critico e sguardo attento, egli intuisce una falla nel sistema, percepisce con sgomento crescente che c’è qualcosa di poco pulito nella privilegiata casta di cui fa parte e segretamente inizia a indagare sui suoi obiettivi nascosti.
Cercando di non destare sospetti ai vertici del comitato, avvalendosi di strumentazioni avanzatissime, Paolo si addentra in una rete fitta di mistero, trovandosi sempre più solo; dapprima sarà il figlio Giovanni ad allontanarsi, ammaliato dal miraggio della celebrità, poi sua moglie, Bianca, che accetta un incarico lavorativo assai importante, lontano da casa… e poi il professor Tulli, che sparisce nel nulla, senza lasciare tracce… o così pare.
Non sono coincidenze, ma pezzi di un puzzle tutto da ricostruire; Paolo impegnerà tutto se stesso per venire a capo di un inquietante ginepraio, mettendo a rischio la propria vita. Con pazienza e coraggio ingaggia una sfida contro un nemico invisibile, che opera nel sottosuolo di una realtà sfavillante e proprio quando tutto sembra volgere al peggio, ecco accadere qualcosa di insolito e assolutamente imprevisto. Una storia inedita, una visione avveniristico-apocalittica sul tempo che ci attende, con tutte le sue contraddizioni ma anche una riflessione amara su un’umanità assoggettata alle logiche del potere, che rischia di svuotarsi della propria anima.
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Giorgio Palazzi, alto funzionario dell’Avvocatura Generale dello Stato, persona di rara sensibilità – nell’accezione più positiva e ricca – e di vivace e poliedrico intelletto, ci regala un romanzo assai originale. Difatti, mentre in Italia non mancano i lettori (ed i cinefili, perché anche molte opere cinematografiche sono distopiche e spesso tratte dai libri stessi) del genere distopico, quello al quale mi sento di iscrivere questa originale opera, che non ha precedenti nella letteratura nostrana, per l’appunto, non troviamo autori italiani che vi si dedichino. Quindi, ancor più interessante l’opera prima di Palazzi.
Per chi non lo sapesse, avendola appena nominata, vale la pena – a completezza di informazione – spiegare o ricordare che la distopia (o anche anti-utopia o utopia negativa) è la rappresentazione di uno stato futuro di cose che, come si è già capito in piena contrapposizione all’utopia, presenta situazioni e sviluppi sociali, politici e tecnologici altamente negativi. Generalmente indica un’ipotetica (ma sempre meno fantascientifica, anzi…) società, spesso collocata nel futuro, ma ormai in un futuro prossimo, società nella quale talune tendenze socio-politico-tecnologiche portate fino al loro limite estremo, non possono che essere percepite come negative e pericolose per l’uomo.
Tutto ciò opportunamente premesso, il genere distopico piace a molti italiani, ad un pubblico specifico e quasi sempre di cultura da medio-alta e molto alta, ma praticamente non esistono italiani che si siano cimentati nel genere. Giorgio Palazzi, che sta terminando il suo secondo romanzo, del quale eccezionalmente possiamo anticipare che si tratti di un’altra splendida opera distopica, ma totalmente originale e non il seguito di questa sua opera prima, sottolinea i mali di questa società e dell’andazzo preso e che non accenna a fermarsi. Il suo scrivere, molto apprezzabile stilisticamente, è anche al contempo uno scrivere su un imminente futuro (in parte, già presente) distopico, ma anche una critica elegante ma ferma su dove l’uomo stia andando, eticamente molto rilevante. Il punto di vista dell’autore, che si legge nel romanzo ed anche nel non detto, nel sottotesto, è di forte critica su dove sta andando l’uomo, deprivato dai suoi valori fondanti e portato a dare sempre di più il peggio di sé.
Ottima, pertanto, non solo la scrittura di Giorgio Palazzi, del quale – dopo l’estate – dovrebbe uscire il secondo romanzo, ma eccellente la neanche tanto sottintesa critica dell’autore a questo “nuovo mondo”, del quale già tocchiamo con mano alcune storture, anche gravi.
Insomma, in conclusione, Palazzi non si limita a scrivere un romanzo assai valido e di un genere letterario nuovo in Italia, ma lo fa con la barra dritta di un’etica positiva della vita, bioeticamente (bios=vita + ethos=etica) impostata correttamente secondo i principi più solidi e sani dell’uomo, avvisandoci però di dove stiamo andando, con una storia che più che fantasy appare la perfetta descrizione di una storia che ci sta già dietro l’angolo.
Resta da dire che, andata esaurita la prima edizione del romanzo, a tempo di record, lo stesso tornerà nelle librerie e soprattutto negli e-stores nei prossimi mesi, con un altro editore, lo stesso che pubblicherà il secondo romanzo di Palazzi. Ma vi terremo aggiornati.
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