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La prefazione di Pasquale Pierro al nuovo libro di Giorgio Gibertini “#seguimichesonofelice”

Prefazione a #seguimichesonofelice: Piccola Storia Felice

“Tutto canta e grida di gioia”

(Sal 65,14)

Il Salmo 65 ci mostra una realtà permeata dalla Grazia, talmente bella da non poter essere rovinata da nulla, nemmeno dal male. Il salmista esulta alla fine con un perentorio “Tutto canta e grida di gioia!”, “Tutto è bello!”. Il motivo è che tutto è in armonia con il Creatore e Signore della vita; non è che questo il segreto della felicità!

Oggi più che mai però essere felici è diventata una sfida! Siamo talmente abituati ad un mondo grigio, spento, depresso, che troviamo fuori luogo l’allegria, irritante la gioia, normale la tristezza. La frenesia del terribile quotidiano, fatto di attività ripetitive, ritmi ossessivi, tempi sempre più stretti, ansia da prestazione e senso di inadeguatezza verso le aspettative sociali sono i sintomi di un male che sta rischia di diventare incurabile.

Le relazioni d’altro canto sono spesso incentrate più che sull’incontro, sulla proiezione di un’immagine, spesso alterata della presunzione di avere una personalità che (parafrasando il titolo di una canzone degli U2) debba essere “anche meglio della realtà”. Il risultato non può che portare all’impoverimento della Parola riducendola in una serie di fonemi autoreferenziali, mentre di contro le immagini preponderano in maniera soffocante, annientando il dialogo, da sempre alla base di ogni relazione creativa. A tal proposito mi torna alla memoria la pellicola futuristica “Fino alla fine del mondo” del grande regista tedesco Wim Wenders.

Il film racconta di una donna innamorata, Claire Turner, che insegue il suo uomo amato, Sam Farber, fino agli estremi confini del pianeta, e lì scopre che il padre di Sam aveva progettato un dispositivo capace di leggere e visualizzare i sogni. Invece di liberare le persone mostrando i segreti più reconditi della propria storia però, il dispositivo le aveva intrappolate nelle loro ossessioni e così, il cronista Eugene Fitzpatrick, che segue la coppia e descrive ciò che sta accadendo fa questa riflessione: «Mi era sempre piaciuto l’inizio del Vangelo di Giovanni, “in principio era il Verbo”. Ora temevo che l’Apocalisse fosse “e alla fine c’erano solo immagini”».

Nella cultura semitica l’immagine era considerata l’espressione più drammatica dell’illusione, perché ambiva a sostituirsi a Dio, con la differenza che questa non è che un prodotto della mente umana.

Da qui il senso del comandamento che impediva all’uomo di venerare le immagini: il pericolo è che queste potevano seriamente diventare il padrone assoluto dell’uomo, togliendogli la dignità della libertà. Ogni uomo schiavo delle immagini prodotte dalla sua mente (preconcetti, pregiudizi…) non felice proprio perché non è un uomo libero, e permette a queste di inquinare tutte le sue relazioni, a cominciare proprio da quella con sé stesso, poi quelle con gli altri, e in ultima analisi anche quella con Dio.

Viviamo in un’epoca in cui sia la felicità che la libertà sono concepite come un mito assoluto, nel senso che le persone le cercano come l’espressione più estrema e autoreferenziale della propria azione.

L’uomo vuole essere l’unico e assoluto padrone del suo destino, sin dalla notte dei tempi, com’è eziologicamente raccontato e spiegato nel Capitolo 3 della Genesi. Il problema è che una visione così ristretta, con l’appagamento personale come unico orizzonte, non produce che frustrazione…

Nelle mie lezioni a scuola (sono un insegnante di Religione in una scuola superiore di Roma) spesso mi capita di chiedere ai miei alunni cosa intendono per libertà e felicità, e non di rado mi capita di constatare in loro un vago senso di smarrimento, soprattutto quando li porto a confrontarsi con figure “folli” come quella di San Francesco d’Assisi, che nell’amore totale per il Signore aveva trovato il senso più bello della sua vita e della grandezza del creato, tanto da non aver bisogno di nient’altro; aveva composto il famoso Cantico delle Creature quando ormai la “sorella povertà” lo aveva ridotto in condizioni estreme di salute, perdendo quasi del tutto la vista e reggendosi a malapena in piedi.

Un uomo così o è un pazzo o una persona estremamente felice!

Non si tratta ovviamente di abbracciare tutti lo stato di vita di San Francesco, ma tanto basta per farci capire che siamo chiamati a considerare il tutto da una prospettiva differente, proprio perché la felicità non la si trova nel solo appagamento, ma nell’armonia e nell’amore di Dio!

Ed è esattamente questa la sfida che ci pone l’amico Giorgio in questo libro: quella della felicità, semplice, pura. In più di un’occasione ci ricorda che questa non ci cade in testa, ma bisogna andare a cercarla, a cominciare proprio dalle realtà più minuscole del vissuto quotidiano.

Se la prospettiva è quella di un mondo che si abitua all’illusione, allora bisogna rovesciarla e guardare alla realtà con la luce del sole! Ed è così che si potrà scoprire che la felicità è reale, che è un dono molto grande, nascosto tra le pieghe del proprio quotidiano e che si manifesta anche nelle cose apparentemente più comuni, come ad esempio preparare il caffè al mattino o giocare con i propri figli.

Nello stesso tempo però Giorgio ci invita a non demonizzare gli strumenti che ci offre il mondo contemporaneo, come ad esempio i tanto popolati e bistrattati social network, perché se è vero che spesso questi possono essere ricettacoli di sfogo della frustrazione, nella stessa misura (se non addirittura superiore) possono diventare uno spazio da cui far scaturire la gioia.

Le storie che ci racconta sono icone di piccoli sorrisi, di carezze e abbracci, di chilometri consumati durante le giornate di lavoro e delle soste rigeneranti. Sono il rovescio della medaglia di una società che invece vorrebbe amplificare la negatività, seminare il cinismo, affermare la rassegnazione. Sono quelle piccole cose per le quali vale la pena di vivere! Basta solo avere degli occhi che sanno scovare la felicità in queste piccole realtà e un cuore che la sa accogliere con generosità!

Pasquale Pierro

 

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