Il mio paese (l’Italia) è questo Alfie e ora è anche il tuo, e ti attende
Italia, paese di santi poeti e sognatori.
Non sono più abituata a sentire o a leggere complimenti per quello che è il mio paese: l’Italia.
In aula insegnanti, al mattino, prima della campanella, si tessono quotidianamente le lodi di paesi nordici come la Norvegia, la Svezia per quanto riguarda la loro istruzione scolastica e soprattutto lo stipendio dei loro docenti, frasi accompagnate da: “un loro sì che…” sono all’ordine del giorno!
Entrare in un qualsiasi esercizio pubblico ti pone immancabilmente difronte a qualcuno che sbuffa e che si lamenta per la lentezza dei dipendenti o per il loro numero, sempre inferiore!
Non parliamo poi degli ospedali!
L’insoddisfazione qui tocca i massimi livelli. Si potrebbero scrivere libri e libri nelle stanze d’aspetto degli ambulatori ascoltando tutte le diagnosi errate dei pazienti, i ritardi degli appuntamenti e il costo dei medicinali.
Scontenti, ecco come siamo noi italiani nei confronti del nostro paese!
Se va bene ci ricordiamo di essere italiani quando cantiamo l’inno di Mameli durante le partite dell’Italia e, a questi mondiali, non avremo nemmeno questa soddisfazione!
Eppure… eppure da ieri, da quando cioè Alfie Evans è cittadino italiano, c’è da essere fieri di questo paese che si è speso in preghiere, ha mobilitato associazioni, ha coinvolto professionisti di ogni livello fra medici avvocati e ricercatori, insomma ciascuno di noi ha fatto quello che ha potuto, in misura proporzionale alle sue possibilità!
E per chi è stato fatto tutto questo? Per un bambino di ventitré mesi di nazionalità inglese affetto da una gravissima, e ancora non diagnosticata, patologia genetica. Un bambino considerato inutile, non produttivo, sofferente (fatto, questo, tutto da dimostrare) da uno stato straniero.
Sì è questo il mio paese!
Il mio paese è quello che ha ospitato Pietro, il padre della Chiesa, che quotidianamente ci insegna ad essere generosi e accoglienti, garantendo a rifugiati e disagiati di tutto il mondo un posto dove stare.
Il mio paese è quello che per primo ha abolito la pena di morte, considerandola inutile e dannosa già nel 1786!
Il mio paese è quello che aiuta il prossimo e vede nell’altro un valore è una potenzialità ed è per questo non si è potuto tirare indietro di fronte al caso di Alfie!
Come avremmo potuto, infatti, rifiutarci di ospitarlo? Di curarlo? Di accudirlo? Noi che abbiamo eccellenze mediche che ci invidia tutto mondo? Noi che ancora riteniamo la famiglia il punto focale della società e con essa i bambini che sono il nostro futuro?
Sono contenta che un ministro si sia occupato di un bambino indifeso di un altro stato dimostrando una sensibilità inattesa e abbia, in qualche modo, proposto un’alternativa valida alla sentenza di un paese straniero come l’Inghilterra che ha decretato la morte per asfissia e soffocamento di un innocente.
Sono fiera del mio paese sgangherato, che nonostante i mille problemi con un governo ancora in divenire, si sia ricordato delle sue potenzialità!
È vero, noi siamo così! La fila non la sappiamo fare, ma quando dobbiamo tendere una mano… beh indietro non ci tiriamo!
Grazie Italia! Paese di santi poeti, sognatori… troppo spesso scontenti!
Nora Di Castello
Ricordiamocelo ogni volta che pensiamo che all’estero le cose siano meglio che qui! Gli inglesi se la scordano la nostra sanità, ma soprattutto la nostra storia di civiltà e di diritto!