Il carisma Calasanziano
Il carisma, dono particolare che Dio fa a ciascun uomo, è la possibilità di contribuire in modo personale e unico alla storia, di essere parte dell’espressione più piena della vita che in essa si realizza. È unico e specifico in ciascuno; è dinamico, si evolve e si modifica nel corso della vita stessa, rivelando potenzialità sempre nuove e qualche volta inattese; si incarna nell’uomo e nelle vicende storiche che egli vive.
Un carisma chiede per sua natura di essere condiviso; la condivisione dei carismi è fonte di ricchezza ed espressione della “fantasia” di Dio. Il carisma è dono fatto tramite il singolo a tutta l’umanità, potremmo dire che costituisce un “patrimonio comune” a cui attingere.
Esistono carismi particolari che possiedono una fecondità rara. Si chiamano carismi fondazionali ed hanno la particolare caratteristica di essere la radice di moltissimi altri carismi personali, di rimanere attuali nonostante il susseguirsi delle epoche storiche, di rigenerarsi continuamente attraverso l’apporto degli uomini che lo condividono.
Il carisma del Calasanzio fu un carisma fondazionale. Da lui si svilupparono molte congregazioni e movimenti che attinsero alla sua ricchezza educativa in maniera creativa e personale, formando così la famiglia calasanziana.
Come in ogni famiglia le persone sono diverse, con diverse caratteristiche, con diversi talenti, ma hanno la stessa radice che le lega tra loro, da cui possono nutrirsi e attraverso la quale rimangono sempre uniti, così la famiglia Calasanziane, pur avendo un’unica radice, si sviluppa con fantasia in moltissime espressioni di servizio differenti. Le suore calasanziane e l’Amical sono rami di questo unico albero.
Nel 1889 nacque a Firenze una congregazione religiosa femminile figlia della famiglia calasanziana: le suore Calasanziane.
La fondatrice era Marianna Donati, nata il 26 ottobre 1848 da una famiglia appartenente alla borghesia fiorentina. Essa desiderò sin da giovane dedicarsi alla vita religiosa. Sua guida spirituale fu Padre Celestino Zini, scolopio. Egli la guidò sulla via dell’amore e del servizio educativo rivolto ai piccoli ed ai poveri. Per una serie di difficoltà trovate in famiglia, il suo anelito non poté realizzarsi fino al 24 giugno 1889, quando ricevette l’abito religioso con quattro compagne. La piccola congregazione, alla quale era stato posto il nome di Figlie Povere di San Giuseppe Calasanzio, guidata con semplicità da Marianna, ora Suor Celestina della Madre di Dio, attese che il Signore le indicasse la via di servizio da intraprendere. La prima iniziativa delle calasanziane in campo educativo fu una piccola scuola popolare e dei laboratori per ragazze in Via Faenza. Ma la scuola le sembrava ancora troppo poco… aspettava un suggerimento, chiedeva allo Spirito di guidarle al servizio dei più poveri. Fu allora che venne a bussare alla loro porta una mamma con la sua bambina, piccola, piangente e con segni evidenti di percosse. La donna pregò le suore di accudirla e di tenerla con loro, perché il papà la picchiava quando non vendeva fiammiferi a sufficienza. Per Suor Celestina questa era la risposta data dalla Provvidenza alle loro preghiere. Da quel momento vennero accolte nella casa fiorentina di via Faenza, e poi nelle altre case che la congregazione aprì negli anni successivi, le bambine e le ragazze figlie della povertà, del degrado, della violenza. Quel giorno nacquero le oasi calasanziane, comunità che offrono ristoro e pace ai piccoli che vi approdano, dove essi si preparano ad affrontare il viaggio della vita. Le bambine vivevano con le suore, venivano educate, istruite e si insegnava loro tutto ciò di cui avrebbero avuto bisogno per essere delle buone madri di famiglia.
La Via che venne incontro alla congregazione fu quella dell’educazione integrale anche attraverso l’accoglienza di chi, nella propria casa, non poteva crescere serenamente. Da subito si caratterizzò un servizio educativo che andava al di là dell’istruzione e della scuola, che la comprendeva ma non la esauriva.
Caratteristica che si impose nell’immediato fu inoltre la scelta degli degli ultimi: le suore erano attente a offrire un servizio a chi non era voluto da nessuno, come il calasanzio nel cinquecento fece con i figli di Trastevere.
Questa attenzione agli esclusi condusse la congregazione ad aprire i loro asili alle figlie dei carcerati: esse infatti non erano accettate da nessun convitto, neppure da quelli tenuti dai religiosi, e non avevano chi si occupasse di loro. Per questo crescevano spesso sulla strada, emarginate e nell’ignoranza. Suor Celestina si adoperò molto per loro: divennero sin dai primi anni di vita della congregazione le destinatarie principali del servizio delle calasanziane. Essa voleva offrire a tutti i bambini, anche chi nella vita era sprovvisto di mezzi, la possibilità di inserirsi nel tessuto sociale. Gli strumenti che naturalmente si avevano a disposizione erano una educazione ed una istruzione adeguate alla situazione sociale ed alle condizioni delle bimbe e delle ragazze.
Le oasi calasanziane aprirono in molte città italiane. Inizialmente, dove era presente l’internato, le scuole erano riservate alle bambine ed ai bambini che vivevano in struttura. Negli anni sessanta però si attuò una progressiva apertura verso l’esterno e alle scuole poterono accedere i bambini dei quartieri circostanti, sperimentando esperienze interessanti di integrazione.
Attualmente in Italia sono presenti quattro strutture di accoglienza per minori, una decina di scuole dell’infanzia e due scuole primarie. Le scuole sono riuscite a mantenere un carattere popolare, nonostante le difficoltà economiche che attraversano le scuole non pubbliche.
Nei luoghi di missione, Brasile, Romania, Nicaragua, Congo sono stati attivati servizi di scuola, doposcuola, sostegno scolastico e di accoglienza in comunità per i bambini in situazioni di disagio familiare.
Caratteristiche educative
Le calasanziane si sono inserite nel quadro della famiglia calasanziana con un carattere fortemente materno e sociale. Seguite, consigliate, sostenute da padre Celestino Zini prima e da altri scolopi dopo, continuarono ad occuparsi del superamento di marginalità, di disagio, di disadattamento attraverso l’accoglienza degli ultimi tra i piccoli.
Le loro “oasi”, ossia le comunità dove accolgono i minori a tempo pieno, si caratterizzano per una linea educativa che è chiaramente e fortemente influenzata dal loro essere donne e dal portare nell’agire educativo i caratteri femminili e materni che appartengono loro per natura.
Madre Celestina parla chiaramente ed esplicitamente di tenerezza, di dolcezza, di carità, di pazienza materna, di umiltà, come caratteristiche proprie della donna e della madre, che dovevano necessariamente essere presenti nelle relazioni e nelle azioni educative delle calasanziane. Esplicita il calore e la vicinanza affettiva come strumenti educativi indispensabili.
Tale caratteristica è così marcata perché la convivenza dei bambini con le calasanziane le porta ad assumere verso i piccoli funzioni simili e sostitutive alle funzioni genitoriali e sviluppa in loro una particolare forma di maternità spirituale.
Indica, come già aveva fatto il Calasanzio, Maria come educatrice da imitare e da invocare per poterne assimilare i tratti.
Ci stupisce la semplicità ed allo stesso tempo la profondità dell’eredità spirituale ed educativa di Madre Celestina. Era una donna pragmatica ed al medesimo tempo profondamente contemplativa, semplice e di larghe vedute e profondamente umile e vicina ai piccoli. Voleva che nelle opere si vivesse un clima di familiarità e di serenità, ritenendole frutto della consapevolezza della presenza di Cristo nei bambini, nelle consorelle, nella realtà quotidiana, tanto nelle difficoltà e nei dolori quanto nelle conquiste e nei successi. La serenità, che era fondamento imprescindibile di tutto il lavoro educativo, era inoltre frutto dell’abbandono consapevole alla Divina Provvidenza, che cura e guida le opere che le appartengono. Per questo essa era esempio di operosità e di cura verso l’opera, ma mai di affanno e di disperazione, anche nei difficili momenti che incontrò. I bambini erano presenti costantemente nel suo pensiero e attorno ad essi ruotava ogni sua cura ed ogni sua preoccupazione.
Il suo modo di essere impresse alla congregazione peculiari caratteristiche, che unite alla particolarità dell’apostolato educativo calasanziano ne hanno formato nel tempo la fisionomia.
La convivenza e la condivisione della realtà quotidiana con i bambini “poveri” (tale termine ha un’accezione fortemente sociale, piuttosto che economica), sono un aspetto caratterizzante della vita della congregazione e delle oasi, sebbene non tutte le comunità esercitino questo apostolato specifico. Ciò le stimola all’inserimento nel tessuto sociale ed al coinvolgimento nella vita dei quartieri, dei paesi, delle città ed alla collaborazione con gli enti pubblici.
Tale convivenza ha inoltre influenzato le calasanziane e gli educatori che lavorano con esse. Pur rimanendo coerenti all’intento originario del Calasanzio e riconoscendosi nei suoi principi educativi, si sono differenziate dai padri scolopi per lo stile di vita, per il tipo di opere educative realizzate e per alcuni tratti dello stesso stile educativo da esse ed in esse incarnato.
Vivere da donne e con i bambini, accanto alla loro semplicità ed alla loro complessità, familiarizzare con le loro storie, e incontrarvi dolore, incoerenza, ingiustizia; adoprarsi per aiutarli ad uscire dalla marginalità e dal disagio nel quale spesso vivono, è, per le calasanziane, esperienza formativa imprescindibile e porta con sé doni e caratteristiche ben precise.
Si è venuto a creare, attraverso l’evoluzione storica dell’apostolato educativo calasanziano, uno stile educativo coerente con l’ispirazione del Calasanzio e in linea coni tratti carismatici della Madrina. Tale stile è sempre in continua evoluzione dinamica, animata dalle tante educatrici ed educatori che, nei 120 anni di vita della congregazione, hanno partecipato al carisma, attingendo da esso e arricchendolo con doti, ispirazioni, scelte personali e comunitarie. Inoltre, a determinare l’evoluzione carismatica, è la storia della società che continua ad interpellare gli uomini, e tra essi gli educatori e le educatrici calasanziani, affinché rispondano alle sue mutate esigenze in modo nuovo, coerente con la realtà socio-culturale ed efficace, ma allo stesso tempo fedele al principio ispiratore primo che ricevette il Calasanzio nella scuola di Trastevere. Questa dinamica è comunemente chiamata fedeltà creativa.