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Quei famosi Watussi e il paese dell’eterna primavera

Nel continente nero (paraponzi ponzi pò)
Alle falde del Kilimangiaro (paraponzi ponzi pò)
Ci sta un popolo di negri che ha inventato tanti balli …

Canta, Edoardo Vianello, nell’intramontabile successo intitolato “I Watussi”.

Nella stessa primavera in cui mia sorella veniva data alla luce, da qualche altra parte, “ai piedi del mondo”, si stava preparando un genocidio. Mentre si colorava di vita un’esistenza, altrove, migliaia di vite venivano spezzate, negando ogni forma di dignità umana. Non solo quello alla vita, anche il diritto alla morte veniva negato.

Ruanda,1994. Siamo nella regione dei Grandi Laghi, parte meridionale della Rift Valley, Africa orientale. Un paese grande quasi tanto la Sicilia, potrebbe passare inosservato consultando un mappamondo. Prima dell’eccidio aveva la più alta densità demografica al mondo dopo il Bangladesh, contava sette milioni di abitanti. A fine luglio 1994, dopo soli tre mesi di massacri, contava un milione di vittime, trecentomila orfani, mezzo milione di donne violentate e lesionate. Un equilibrio sociale stravolto da un genocidio commesso manualmente e individualmente.

La popolazione era divisa in tre gruppi: l’85 per cento era Hutu, il 14 per cento Tutsi e l’1 per cento Twa. Mentre gli Hutu erano per lo più contadini, i Tutsi per tradizione in passato si erano dedicati all’allevamento. Non si è mai smesso di ripetere, a giusto titolo, che i Tutsi e gli Hutu, dal momento che parlano la stessa lingua, il kinyarwanda, che condividono la stessa cultura, la stessa religione, gli stessi costumi, lo stesso Dio Imaana, non sono due diverse etnie. Quella che prima poteva definirsi “coscienza etnica” è stata strumentalizzata ed esasperata dall’uomo bianco portando alla costruzione di un’identità razziale.

Il Rwanda, “il paese delle mille colline e dell’eterna primavera”, è diventato teatro del massacro più sconvolgente del XX secolo, donne e bambini le sue principali vittime. Mai prima di allora erano stati uccisi tanti esseri umani in così poco tempo. Armi primitive che hanno letteralmente maciullato quasi un milione di persone in cento giorni. Esseri umani uccisi come bestie nei mattatoi. Nulla di più moderno. Tre mesi di spietata, efferata ed efficiente mattanza, a cielo aperto. “Mentre il mondo (re)stava a guardare”.

La storia non è mai stanca di ripetersi, l’uomo non è mai sazio, né mai può dirsi pronto.

<< Musa Si dice “eterna primavera” perché in Rwanda le giornate sono prevalentemente belle e soleggiate? Sarebbe fuorviante considerarlo di rimando al genocidio iniziato proprio nella primavera del 1994? Forse per dire che è un po’ come se tutto si fosse fermato >>.

<< Cara Lucia, malgrado il bel tempo sia pressoché perenne in Rwanda, non mi sento tanto sicuro da poter escludere la tua interpretazione. Effettivamente, dopo il flagello del 1994, la sensazione che tutto si fosse arrestato, qui, in Rwanda, era tangibile. Il paese ha ripreso a produrre, la sua gente ha ormai ripreso a vivere pacificamente, ma buona parte degli abitanti, per lungo tempo, si è sentita uccisa e privata della sua anima rwandese, dell’unità nazionale precedente ai massacri, per meglio dire. Siano stati essi Hutu o Tutsi. Siano stati essi carnefici o sopravvissuti>>.

Un genocidio lascia sempre e solamente vittime. Né vinti, né vincitori.

Quando le donne stringiamo sul cuore noi con le stelle parliamo d’amore
siamo i Watussi!
Qui ci scambiamo l’amore profondo dandoci i baci più alti del mondo
siamo i Watussi
Noi siamo quelli che dell’equatore vediamo per primi la luce del sole
siamo i Watussi!

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