Giancarlo Siani, giornalista “giornalista”
«La criminalità, la corruzione non si combattono solo con i carabinieri. Le persone per scegliere devono sapere, devono conoscere i fatti. E allora quello che un giornalista “giornalista” dovrebbe fare è questo: informare»
Ci sono due categorie di giornalisti: i “giornalisti” giornalisti, e i giornalisti “impiegati”. Questi ultimi hanno la cassa malattia, lo stipendio, la macchina, la casa, e non si lamentano di niente. I secondi invece sono scomodi, perché portano gli scoop, e gli scoop fanno male, perché impongono la verità delle cose. Giancarlo Siani era un giornalista “giornalista”. Eppure lui giornalista vero e proprio non fu mai, o quasi mai. Era una “specie di abusivo”.
Giancarlo nacque a Napoli il 19 settembre del 1959, e apparteneva ad una famiglia benestante che viveva sul Vomero. Sin da ragazzino mostrò una particolare predisposizione per la scrittura e l’interesse per le materie classiche. Conseguì la maturità classica nel 1978 col massimo dei voti, e una volta iscritto all’Università cominciò ad operare con i vari movimenti studenteschi, interessandosi particolarmente verso le tematiche dell’emarginazione. Soprattutto queste erano la spia di qualcosa di ancor più spaventoso, perché il degrado e la mancanza di opportunità rappresentavano una fonte sicura di manovalanza dei vari poteri criminali. Non erano pochi i ragazzi che in cambio di qualche soldo, motociclette costose o lavoretti saltuari, relegavano la loro libertà e la loro dignità. E alla criminalità il disagio sociale faceva decisamente comodo, sfruttando l’assenza di opportunità e alternative.
Era il periodo del passaggio di consegne dal potere criminale della Nuova Camorra Organizzata di Raffaele Cutolo, alla nuova organizzazione della Nuova Famiglia di Carmine Alfieri, che relegava il territorio di Marano alla famiglia Nuvoletta, il territorio del casertano alla famiglia Bardellino, e la zona di Torre Annunziata al boss Valentino Gionta. Quest’ultimo era fedele alleato della famiglia Nuvoletta, ma acerrimo rivale dei Bardellino, con i quali era iniziata una feroce guerra criminale.
In questa situazione complicata Giancarlo Siani inizia il suo percorso professionale cominciando a lavorare per Il Mattino, nella sede di Castellamare di Stabia. In particolare si occupa di nera e di camorra. Nello stesso periodo collaborava con l’Osservatorio sulla Camorra di Amato Lamberti. Lavorava intensamente nella speranza di riuscire a strappare un contratto da praticante per poi poter fare l’esame e diventare giornalista a tutti gli effetti.
Ad ogni modo la sede di Castellamare gli faceva fare vita da redazione, pur non potendo, e gli incaricò di occuparsi della situazione di Torre Annunziata. Ed è in questo periodo che Siani entrò in contatto con tutta una realtà spaventosamente drammatica: Valentino Gionta, pescivendolo ambulante iscritto alla camera di commercio, in realtà era diventato il padrone della città, partendo dal contrabbando delle sigarette, e alimentando il traffico degli stupefacenti. Siamo poi negli anni post terremoto dell’Irpinia, e poteri criminali ed imprenditoria si erano alleati per succhiare quanto più sangue e dignità, rubando letteralmente, con società fittizie, i fondi per la ricostruzione. Valentino Gionta diventava sempre più potente, e per i clan cominciava a diventare un serio problema, anche per le relazioni che queste intrattenevano con Cosa Nostra.
Giancarlo denunciava apertamente tutti i traffici illegali e le connivenze che le famiglie criminali intrattenevano con politica ed imprenditoria, spesso senza alcuna copertura né legale (per potersi difendere da eventuali querele, che non arriveranno mai, perché quello che scriveva era vero), né sicurezza per la propria incolumità. Giancarlo sapeva che si stava occupando di qualcosa di estremamente pericoloso, ma l’amore per la sua terra e per il bene lo spingevano a conoscere di persona situazioni e fatti. Non era il privilegiato del Vomero che vuol restare dov’era, ma un giovane pieno di vita, amante della vita. E quando la faida tra le varie famiglie criminali giunse al suo culmine (dopo la sanguinosa strage di Torre Annunziata del 1984) col tradimento della famiglia Nuvoletta a carico di Gionta, che lo fecero arrestare per ristabilire i rapporti con le altre famiglie, Giancarlo non ebbe paura di denunciare la strategia messa in atto scrivendone un articolo il 10 giugno del 1985. Fu quest’articolo che decreterà la sua condanna a morte.
La sera del 23 settembre 1985, Giancarlo sarebbe dovuto andare con la sua ragazza al concerto di Vasco Rossi, quella sera a Napoli. Ma invece fu raggiunto da due sicari sotto casa sua, che lo crivellarono di colpi di arma da fuoco.
Tutt’oggi Giancarlo Siani è l’unico giornalista mai ucciso dalla camorra. Un giornalista “giornalista”, un uomo vero! Un ragazzo che non voleva che la sua terra (parafrasando un termine di don Peppe Diana) divenisse una “Gomorra”