Totò Riina e il diritto ad una morte dignitosa…
Salvatore Riina, meglio conosciuto come Totò, il capo dei capi di Cosa Nostra, responsabile di stragi e complotti, abile corruttore e uomo spietato, conosciuto nell’ambiente mafioso con l’appellattivo “La Belva”, è malato.
Sin dai tempi della strage di Viale Lazio del 1969 (in cui fu ucciso il boss Michele Cavataio) (che vide una sostituzione importante ai vertici di Cosa Nostra, e che vide lo stesso Riina ascendere assieme a Stefano Bontade e Gaetano Badalamenti), si può dire che Riina è stato una figure più pericolose ed influenti nella vita sociale italiana. Non esiste realtà che lui non sia riuscito a corrompere, infiltrando nella politica i suoi stessi uomini (il caso più eclatante è l’ex sindaco di Palermo, Vito Ciancimino), e ingaggiando con lo Stato una vera e propria guerra per l’affermazione del suo potere.
Spesso la politica si è rivelata colpevolmente impotente e connivente con le sue logiche perverse, mentre polizia e magistratura in moltissimi casi hanno dovuto arginare la sua ascesa in uno stato di quasi totale isolamento (si pensino all’investigatore della polizia Boris Giuliano, al giudice Rocco Chinnici, e non ultimi i giudici Giovanni Falcone e Paolo Borsellino).
E’ stato arrestato il 15 gennaio del 1993. Fu dapprima sottoposto al regime del carcere duro, e poi in seguito tale trattamento è stato revocato. Dal 2003 comincia a soffrire di diversi problemi di salute, subendo addirittura un intervento chirurgico al cuore.
Oggi Riina ha 86 anni, e i suoi legali hanno fatto istanza di differimento della pena o quantomeno di detenzione domiciliare, tenendo conto delle condizioni di salute. Lo scorso 22 marzo il tribunale di Bologna ha respinto le istanze, ma ieri è circolata la notizia che la Cassazione ha riconosciuto a Riina il “diritto a morire dignitosamente”. Questo potrebbe aprire diverse possibilità, una delle quali potrebbe anche essere la scarcerazione.
Da cristiano rifiuto la logica della vendetta, ma non dimentico la virtù cardinale della giustizia. Riina merita senza dubbio una condizione dignitosa nella sua detenzione (anche se lui non si è certo porto tale problema verso le sue vittime, arrivando a colpire chiunque, persino donne e bambini, quando si trattava di vendicarsi dei collaboratori con la giustizia, o quando doveva colpire qualche funzionario o rivale in maniera esemplare), ma non merita il trattamento di favore richiesto. Non si è mai pentito di quello che ha fatto, dalle sue labbra non sono mai venute fuori parole buone; anzi, semmai, ha continuato imperterrito a vomitare minacce, una delle quali è rivolta contro don Luigi Ciotti, fondatore dell’Associazione Antimafia Libera. Ed in questo momento penso che le nostre Istituzioni, sempre prone a riconoscere i diritti dei delinquenti, dovrebbero pensare più che altro a consentire delle condizioni di VITA DIGNITOSA a tutti i cittadini onesti, che invece vengono lasciati da soli a lottare contro l’omertà, il ricatto, il pizzo. E’ inaccettabile anche solo pensare che un simile criminale possa varcare la soglia del carcere di Parma e tornare a casa sua! E’ offensivo verso la memoria dei tanti martiri che hanno versato il sangue per la causa del bene comune e della giustizia!
Riina sconti la sua pena! E rifletta sul senso della vita e della giustizia, da lui puntualmente calpestate senza ritegno!
Concordo su tutto niente vendetta, ma giustizia