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Conversazione di storia con la Primavera – di don Zeno di Nomadelfia

In questi giorni ho voluto interrogare con la mia immaginazione la primavera, essendo essa una espressione antica e sempre nuova.
La primavera costumava anche ai tempi di Adamo ed Eva, di Abele e Caino. Essa ha vissuto in tempi di pace, in tempi di guerre; in tempi di cataclismi ed in tempi di quiete.
Farla parlare, saperla comprendere: c’è molto da imparare.
Essa afferma di avere avuto da Dio stesso una missione: riaccendere la vita dopo l’inverno. Mi ha assicurato che lo ha sempre fatto in tutti i tempi, tutti gli anni. Mi ha assicurato che non ha mai avuto rancore con alcuno, che non si è mai bisticciata con alcuno.
Al mio ritorno, dice, ho sempre ritrovato le valli ed i monti più o meno strapazzati dalle indelicatezze o dalle crudezze, dalle bizzarrie, dalle raffiche dell’inverno; ed io silenziosamente ed amorevolmente ho ricoperto del mio vivente manto i cadaveri, ho lasciato in pace erbe e fusti di piante uccisi alla radice, ma ho sempre rinverdeggiato valli e pendii senza pretendere che gli uomini fossero veggenti, senza conturbarmi se essi fossero ciechi, senza avermene a male se, da ingrati, mi chiudessero sprezzanti gli occhi in faccia; senza nemmeno esaltarmi se mi avessero ammirata o decantata. So di essere la primavera, so di essere tra le più dolci espressioni della Bontà del Creatore.
Ed ha insistito col dirmi: Credilo, non so neppure immaginare come potessi chiedere ad alcuno la men che minima riconoscenza. Preparo da mangiare per i buoni e per i cattivi; mi lascio accarezzare dai fanciulletti scalzi che mi strappavano i più delicati fiori, che mi mangiano persino le tenere gemme; accetto in silenzio i traumi delle violenze esterne, qualsiasi sgarberia; curo i feriti continuando, inalterata, a gettare a piene mani vita in essi… Così: riporto la vita, rinnovo la vita, rimargino le ferite ed aggiusto alla meglio gli stessi mutilati”.


CONSOLANTE PREVISIONE
Ho voluto terminare il mio colloquio con la primavera domandando: “Trovi della differenza tra la gente moderna e quella di tempi lontani?”.
Rispose: “Siete sempre gli stessi ragazzetti, ragazzi, ragazzacci; monelletti, monelli e monellacci; ora vi ho visti gonfi gonfi, altre volte sgonfi sgonfi; ma praticamente ho sempre notato che si tratta di quantità; cioè alle volte ho trovato moltitudini di imbecilli e pochissimi sapienti; alle volte ho trovato che quasi tutti gli uomini si erano lasciati travolgere dal male, persino nelle più vergognose aberrazioni… In simili tempi ho visto oscurarsi il cielo dello spirito umano tanto si erano moltiplicati gli stessi stolti, sicché gli spiriti innocenti ed eletti venivano soffocati con brutale sadismo… Ed ho trovato altre volte quasi tutti gli uomini entusiasti del bene, lo sguardo volto a Dio come, dritte verso il cielo e verso il sole, guardano tutte le erbette e le piante che accettano il mio influsso primaverile.
Provate, soggiunse, provate a guardarvi in faccia; esaminatevi nelle vostre opere e vedrete se sono più gli asini che i sapienti… è tutta questione di numero… Io credo però che quando avrete capito che in gran parte siete fuorviati e che vi perdete in giochi pericolosi, riprenderete le vie della sapienza, di quella sapienza che vi riporterà alla vitalità cristiana nelle moltitudini… Ma sì, ma sì, ritroverete voi stessi, ed allora sarete più degni di godere i frutti miei, frutti abbondanti, gratuiti e generosissimi”.


L’ADDIO
Ci siamo finalmente salutati; ma essa mi chiamò indietro e disse in un orecchio con fine signorilità: “Tu che sei Sacerdote di Cristo Redentore, fa di tutto per salvare i fanciulli; ché, poverini, si trovano, in moltissimi, nel grave pericolo di non arrivare a conoscere e vivere la stessa Rivelazione, la stessa Religione… Fa come faccio io: dona ad essi la Vita, quella Vita che è ben più della mia, quella Vita che è la Parola e la Grazia di Dio. Fa tutto questo senza conturbarti, anche se la valanga degli atei e dei materialisti minacciasse di schiantarsi… Credilo, sono bambina, ma antica bambina, so quello che dico: quella valanga si infrangerà; ma la vita che tu, Ministro di Dio, puoi donare, apporterà eterni frutti di eterno amore”.

dal libro di don Zeno, I due regni

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