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8 dicembre di lacrime e di speranza

LACRIME – Otto dicembre, al centro del tempo di Avvento, si staglia, bella come sempre, la figura di Maria. Non è facile, per noi poveri preti, affrontare il dogma dell’Immacolata senza scendere nei meandri del male. Se Dio è buono da dove è sbucato questo spaventoso mostriciattolo? E se il suo morso ci avvelena e ci spaventa, perché ne avvertiamo il fascino?

Jacques Maritain: «La certezza fondamentale, la roccia a cui ci dobbiamo saldamente aggrappare in questo problema del male morale è l’innocenza di Dio». Ecco il punto fermo dal quale non bisogna scostarsi mai. Dio è innocente mentre io – purtroppo – non lo sono, ma Dio vuole che lo sia. E mi getta il salvagente per non farmi annegare, mi porta alla sorgente perché la sete non mi uccida, mi indica la verità per non farmi impantanare nella menzogna. Non è facile – almeno per me – predicare su Maria, preservata, in vista della redenzione, dal Peccato originale. Il Peccato originale: non sono pochi coloro che lo negano, eppure, come scrive G. K. Chesterton “ è la sola parte del cristianesimo che può essere veramente provata”.

Ci siamo sforzati, abbiamo pregato, abbiamo meditato, riflettuto. Importante è il pensiero che si fa parola, e il modo con cui essa viene offerta all’assemblea; importante è il tono della voce, la capacità di entrare in empatia con il popolo di Dio. È ormai sera tardi quando, anche per me, la giornata giunge a termine. Stanco ma contento di essere stato un minuscolo strumento nelle mani del buon Dio. Ho sentito dire che papa Francesco, durante la preghiera in piazza di Spagna, ha pianto. Finalmente ho la possibilità di vederlo ed ascoltare la sua voce rotta dalla commozione mentre rivolge la sua preghiera alla madre di Dio.

Ha pianto il Papa e ci ha lasciati senza parole, commossi, confusi, addolorati. Il pensiero è corso a questi lunghi ed estenuanti mesi di stupida e stolta guerra: quanti discorsi, quanti commenti, quante previsioni. Ma, oltre alla povera gente, non abbiamo visto qualcuno piangere. Solo rabbia, recriminazioni, giustificazioni, odio, previsioni. Si è discusso, e si discute, di colpe, di prepotenze, di storia, di religione, di politica, d’interessi, ma loro, le vittime, quasi sempre restano a fare da sfondo. Di loro, dei bambini, dei vecchi, dei malati, dei giovani impauriti che partono senza sapere se faranno ritorno, sappiamo tanto poco. Come sempre accade, sono diventati numeri, magari da esibire, quasi merce di scambio di poco o nessun valore. È tutto messo in conto. La guerra è guerra anche se le cambi il nome. Numeri sulla cui pelle c’è chi, in modo disumano, ha il coraggio di arricchirsi. Chi vuole la guerra, in genere, rimane lontano dai vari fronti, al sicuro, protetto, difeso, consigliato e coccolato. Gli altri, i figli della povera gente, vanno al macello. Per loro, per questa gioventù senza volto, senza nome, senza storia, e forse senza degna sepoltura, per i loro vecchi abbandonati al gelo, nessuno dei potenti di questo povero mondo, ha versato una lacrima.

Lo ha fatto il Papa, in pubblico, senza vergogna, senza ostentazione. Lo ha fatto perché non ha potuto, non ha saputo, non ha voluto non farlo. Lo ha fatto davanti alla gente e alle telecamere, dopo averlo fatto, chissà quante volte, nel segreto della sua camera, davanti al tabernacolo o ai piedi del suo confessore. Pianse Gesù, certamente pianse sua mamma sulla via del Calvario, ha pianto il Papa a Roma. E le sue lacrime hanno colpito tutti, credenti e non credenti. Gli occhi lucidi di Francesco, il suo incedere incerto, il volto contratto, il labbro tremolante, la voce strozzata dai singhiozzi, ci hanno insegnato che non sempre le parole sono indispensabili. Ha pianto mentre pregava. Quante volte ci ha ricordato che pregare non è aggiungere parole a parole ma dilatare il cuore perché Dio lo possa riempire di se stesso. Dalla Sicilia al Tirolo, giovedì, è stato un susseguirsi di preghiere a Maria. I nostri antenati ci hanno lasciato in dono tradizioni, processioni, fiaccolate, pellegrinaggi scaturiti dalla loro devozione.

E le mille Madonnine affrescate, dipinte, scolpite, ricamate, intagliate, piccole e grandi, di valore o ingenue, scoppiate dalla loro fede autentica. Facciamone tesoro. Che niente vada perduto. Nemmeno le lacrime di Francesco che, ne sono certo, sono state raccolte negli otri eterni di Dio. Con il Santo Padre, con chi soffre, con chi ha paura, con chi muore, chiediamo la grazia di saper piangere, soffrire e pregare anche noi. Maurizio Patriciello.

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