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Io come il turco “miscredente” e come San Filippo Neri alla Montagna Spaccata di Gaeta

Ho avuto più di un brivido a posare la mia mano nell’impronta lasciata dal turco miscredente di Gaeta, sia perché calzava perfettamente, sia perché il freddo della roccia mi è penetrato dentro. Ho affondato le dita nella roccia e ho ricevuto, per fortuna, sostegno e ho quindi smesso di barcollare.

Il mio lavoro mi ha portato, questa volta, dopo aver assaporato l’ottimo Viognier dell’amico Claudio Ciccariello, a recarmi, per la mia spirituale pausa pranzo, a visitare, la Montagna spaccata di Gaeta, una misteriosa spaccatura nella montagna a picco sul mare, un antro segreto in cui, nel Medioevo, le navi dei pirati saraceni trovavano rifugio e un sicuro nascondiglio, pronte ad attaccare le navi di passaggio per depredarle dei loro tesori. Nella montagna ci sono tre fenditure nella roccia, con una lunga scalinata che conduce nelle più profonda fenditura centrale e alla cosiddetta ‘Grotta del Turco’. Questo squarcio nella montagna, questa enorme ferita nella terra, si sarebbe formata, secondo la tradizione cristiana, subito dopo la morte di Gesù Cristo. (Guarda qui i miei video https://www.youtube.com/channel/UCtpkZkQs3LRSZezRgCL6s9Q)

A ‘prova’ di questo c’è la mitica ‘Mano del Turco‘, un’impronta lasciata secoli fa nella roccia (la forma di una mano, con cinque dita), che si sarebbe formata nel momento in cui un marinaio turco miscredente (non credeva all’origine divina delle spaccature nella montagna) si appoggiò con la mano destra e la pietra divenne morbida sotto la sua pressione.

Percorrendo la fenditura della Montagna Spaccata che porta alla balconata che funge da belvedere, sulla destra, poco prima della cappella del Crocifisso, si nota chiaramente il segno di una mano impresso nella roccia. La leggenda vuole che un miscredente, forse un saraceno, non credendo che la fenditura si originò alla morte di Cristo, appoggiò la sua mano alla roccia e la stessa si fuse come lava lasciando l’impronta ben visibile.

E qui mi sono fermato a lungo a leggere l’iscrizione latina e a meditare sulla mia fede.

Poi, ripreso il cammino, pochi passi più sotto, ecco che con gradita sorpresa ho scoperto il giaciglio di San Filippo Neri: un letto di roccia dove si dice che il santo riposasse quando veniva da queste parti. A tutti voi ho raccontato del mio rapporto con “il Neri” quindi capirete la gioia e la sorpresa che mi hanno fatto sostare qui, davanti a questo freddo giaciglio, ancora più a lungo anche perché sono stato colto da improvvisa beatitudine.

Una decina di minuti dopo ho ripercorso il tragitto al contrario e ho pregato con la splendida Via Crucis in riquadri di maiolica, risalente al 1849 e arricchita con i versi del Metastasio.

Dopo aver goduto di tutto questo “ben di Dio”, da raccontare a voi amici de Ilcentuplo, è stato più bello ripartire, è stato più bello lavorare, è più bello vivere!

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