cultura

Il forte legame tra Patti Smith e Papa Albino Luciani

Fu subissata di fischi quando il 10 settembre 1979, allo Stadio di Firenze, dagli altoparlanti si diffuse la voce pacata di Albino Luciani, Papa Giovanni Paolo I. Non era esattamente quello che si aspettava un pubblico legato all’estetica e filosofia punk anarcoide, livellato sui motti “No God”, “No future”. Eppure gesto più anarchico e rivoluzionario non poteva esserci, proprio perché scandinava alla radice un cliché che stava consumandosi nell’attitudine modaiola del cinismo e della ribellione verso non si sa cosa…

Patti Smith aveva intravisto in Papa Luciani qualcosa di più di un semplice uomo di Chiesa e di potere (come è tipico considerare il Papa in determinati ambienti), e sentiva che quel modo di parlare, sorridere, avvicinare la gente, fosse veramente rivoluzionario, perché lasciava trasparire in primissimo luogo l’uomo e non tanto l’istituzione. Lei stessa disse in un’intervista: “Ho amato Papa Luciani come essere umano non come una persona di una religione. Lui fu Papa per soli trentatre giorni ma fece una grande impressione in me, era un uomo pieno di amore: un vero messaggero di Cristo. È stato un Papa veramente rivoluzionario, capiva ed amava i giovani e i poveri”.

Altrove colse l’affinità tra i giorni di pontificato e gli anni di vita di Gesù Cristo, come se fosse una sorta di coincidenza dai tratti divini. La vera rivoluzione dunque è tornare all’uomo, visto però nella sua vera dignità, e cioè quella di un essere redento, amato. Senza questa certezza vi è solo disperazione ed inutili tentativi di affermazione della propria precarietà…

L’album Wave, pubblicato nel 1979, fu dedicato ad Albino Luciani, riportando nel libretto interno una citazione del Papa: “La musica è riconciliazione con Dio”. E se per qualcuno la cosa suonava come una sorta di nota stonata tra il “Vive l’anarchie!” di Radio Ethiopia e un’artista che ora si tramutava in una sorta di neocon papista, il messaggio di Patti Smith era di una coerenza lineare: l’anarchia sta nel liberare l’uomo da ogni struttura, e non in un bieco atteggiamento decadente, uniforme, proverbiale…
Wave fu l’album che chiuse la prima parte della carriera, con uno scatto di copertina ad opera di Robert Mapplethorpe, che la ritraeva più o meno nella stessa postura di Horses, ma con due tortore sulle mani, quasi a voler rappresentare un certo spirito francescano, di una ritrovata armonia della creazione tra l’uomo e Dio. E la musica come strumento di riappacificazione…

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *