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Accort o fuoss

Questione di linguaggio; e di carattere. Non tendono a smorzarsi i diversi punti di vista su Napoli, in seguito alla bella trasmissione di Alberto Angela su Rai Uno a Natale. Roberto Saviano, accusato da tanti di aver gettato fango sulla città con la serie tv «Gomorra», ha tenuto a ribadire che «Napoli è come il Cristo nella Cappella Sansevero, che, sebbene velato, palesa ogni vena, ogni spasmo, a riprova del fatto che non basta coprire per dimenticare, nascondere, cancellare…». Visioni contrapposte.

Accendere o spegnere i riflettori sui problemi di un Paese può essere fatto per amore o per interesse. I napoletani amano svisceratamente la loro città, e proprio per questo la vogliono in buona salute, illuminata a festa per metterne in evidenza la bellezza. Ovviamente devono fare i conti con i disagi e le difficoltà che Napoli deve affrontare ogni giorno. Qualcuno dice che sono gli stessi di tutte le grandi metropoli occidentali. È vero? Sì e no.

Ci sono città che – per motivi storici, geografici, politici, culturali – se la cavano meglio e altre peggio. Sono del parere che i drammi non conviene amplificarli né svilirli, ma raccontarli. A Marano, patria del famigerato e sanguinario clan Nuvoletta, alle porte di Napoli, è comparsa nei giorni scorsi una singolare e arbitraria indicazione stradale. Per legge l’autore merita di essere punito. In verità, a mio avviso, meriterebbe un premio. Il suo è stato un atto di carità verso i fratelli e le sorelle. Il cartello, scritto a mano, nella nostra spassosa e inimitabile lingua napoletana, dice: «Accort o fuoss!», attenzione alla buca. Il sorriso è d’obbligo. La simpatia e il buon senso dei napoletani hanno dato il meglio di sé; ma anche il buon cuore e l’ironia di cui sono capaci – nonostante tutto – non sono da sottovalutare. L’autore della “segnaletica” ha evidenziato un problema che a tanti di noi è costato soldi (a Natale, per essere finito in una di queste buche, ho dovuto sostituire due copertoni), rabbia, malumore, invettive contro la pubblica amministrazione, sfiducia nelle varie amministrazioni. Non è poca cosa. Ma lo ha fatto inventandosi un genere letterario unico, originale. Non inveisce, non bestemmia, non offende, non fa la predica, non arriva alle mani.

«Accort o fuoss» potrebbe diventare – se gli italiani fossero amanti non solo delle lingue straniere ma anche di quelle di casa – una vera e propria icona, un modo di dire, di essere, valido anche in altri campi – a cominciare da quello politico, economico, morale – per richiamare al proprio dovere e alla prudenza chi rischia di smarrire la strada. Questione di sguardi, quindi. Gaspare Barbiellini Amidei, nel suo libro «Quel profondo desiderio di Dio», commentando l’incontro di Zaccheo con Gesù, scrisse: «Se in ogni casa ci fosse un sicomoro!», un luogo, cioè, dal quale «sarebbe forse possibile vedere qualche cosa di diverso rispetto alle cose che la televisione trasmette, il pasto offre, il giornale scrive, la radio dice». Se ci fosse un sicomoro «qualcuno diverrebbe Zaccheo. Se non Zaccheo, Montale».

Un sicomoro, quindi, per vedere da un’altra prospettiva non solo Gesù che ci passa accanto, ma gli uomini, le loro gioie, le loro speranze, i loro drammi. E, perché no?, le buche sull’asfalto, costate la vita a un fratello della zona Vesuviana il mese scorso. Ecco, non si tratta di fare il tifo per l’una o l’altra fazione, non si tratta di denigrare od osannare Napoli – vale anche per Milano, mio padre, la mia Chiesa – ma di essere onesti fino a farci male nel descrivere situazioni e fatti. Le buche di Marano stanno al loro posto come il Maschio Angioino a Napoli. Negare le une o l’altro sarebbe una ridicola menzogna. La “segnaletica” che avverte di essere prudenti è analoga a quella che indica piazza Plebiscito. Peccato che ad avvertire – a proprio rischio e pericolo – gli automobilisti sia stato un anonimo signore e non la pubblica amministrazione. Anche se la simpaticissima scritta – giustamente – ha fatto impazzire il web.

Maurizio Patriciello.

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