editoriali

Impara la fiducia: il segreto che ti migliora la vita.

“Tutto entra dentro di noi, nel corso dell’età evolutiva, costruendo la nostra personale grammatica della sicurezza e della fiducia. Una mamma e un papà che si amano ci faranno intuire che è bello lasciarsi incontrare e abbracciare, sostenere e aiutare da chi ci vive accanto. Ma se uno dei due genitori è inaffidabile, è triste, è arrabbiato ecco che tutto cambia. I colori della vita famigliare si fanno sfumati, tendono al bianco e nero. E potrebbero esserci anche le crisi violente di rabbia, le litigate, i musi lunghi che durano giorni. E tu allora non capisci più di chi ti puoi fidare, che cosa davvero ti devi aspettare dalle persone, considerato che quelle che ti dovrebbero dare la massima gioia (ovvero i tuoi genitori) possono essere anche quelle che ti spaventano di più o ti mettono addosso un’angoscia difficile da governare.

Nelle storie dei soggetti ansiosi spesso ciò che risulta incrinato è il “pensiero positivo” e il sistema di fiducia verso l’altro, verso chi ci vive di fianco. La fiducia è un tema fondamentale per attraversare il territorio della paura. E anche quello della vita. Solo affidandosi ad un’altra persona si può correre il rischio di attraversare qualcosa che ci spaventa. In fin dei conti, la vita è proprio tutta una questione di fiducia.

Salendo su un aereo, ci si può sentire tranquilli e al sicuro solo se diamo fiducia al pilota. Entrando nell’ambulatorio del medico, potremo sentirci al sicuro solo se ci affidiamo alle sue indicazioni. Ma anche entrando in un ascensore, salendo sul treno, sottoponendoci ad un intervento chirurgico noi implicitamente mettiamo le nostre vite nelle mani di qualcun altro, che conosciamo poco o per niente, ma di cui dobbiamo fidarci. In questo senso ci viene in aiuto l’organizzazione del nostro contesto sociale. Noi esseri umani abbiamo creato una società in cui deleghiamo funzioni, affidiamo compiti, attribuiamo ruoli a persone che se le assumono in quanto affidabili. E quell’affidabilità sta scritta nel percorso scolastico che hanno fatto, nelle certificazioni e valutazioni di merito che hanno ottenuto, nel superamento di prove abilitative cui si sono sottoposti. Questo basta alla maggioranza, ma laddove l’hard-disk della sicurezza e della protezione si è “fallato” in fase di messa a punto, ecco che il soggetto si trova in balia del proprio senso di vulnerabilità. E quindi prova a fare due cose: aumenta le funzioni di controllo del sistema oppure decide di evitare tutto ciò che lo fa sentire “a rischio”.

Nel primo caso, ci troveremo di fronte a soggetti che fanno infinite operazioni di verifica su tutto. Se devono andare da un medico, ne verificano online il curriculum e poi si presentano nel suo studio, dopo aver letto sul web qualsiasi cosa ci sia riguardo al loro problema. Così la visita medica si trasforma in una sorta di terzo grado che il paziente fa allo specialista, con risultati spesso controproducenti. Perché nessuno specialista desidera essere messo sotto esame da un paziente ipercontrollante sul quale si prende la responsabilità di una diagnosi e di attivare un eventuale protocollo terapeutico. La seconda via di fuga è l’evitamento, ovvero il sottrarsi a qualsiasi situazione in cui l’ansia ad essa correlata rischia di attivarsi in modo intenso determinando un malessere soggettivamente ritenuto insopportabile. E qui allora l’ansia e la paura ci trasportano nel territorio delle fobie”. (tratto da “Accendere il buio, dominare il vulcano” di A.Pellai, Mondadori ed.)

In questo brano tratto dal capitolo dedicato ad ansie e paure nel libro “Accendere il buio, dominare il vulcano” (Mondadori ed.), cerchiamo di spiegare perché quando qualcosa ci spaventa o ci genera ansia – obbligandoci a diventare ipercontrollanti o evitanti – ciò che viene messo in crisi è la nostra capacità di “fidarci e affidarci” a qualcun altro, a chi prende decisioni per noi. E’ chiaro che non si può essere burattini, i cui fili vengono mossi dagli altri. Ma è anche vero che, se salgo su un aereo, dovrei fare bene a fidarmi e affidarmi alle competenze del pilota, perché lui sa quello che fa. E’ lì per condurmi a destinazione. Se imparo a lasciar fare a lui – ovvero mi fido di lui – mi regalo la certezza che il mio percorso di viaggio è in buone mani. Soprattutto è in mani migliori delle mie, considerato che io non so nulla di come si fa a governare un aereo. Se avessimo la capacità di fidarci e affidarci a chi ne sa più di noi, nei relativi settori di competenza, faremmo molta meno fatica a stare al mondo, potremmo riversare le nostre energie mentali in attività molto più positive e costruttive rispetto a quelle ansiogene con cui cerchiamo di tenere tutto sotto controllo. E soprattutto vivremmo vite più sicure e più serene.

Il discorso fatto sulla paura di volare vale per molte altre aree della nostra vita in cui – pur non avendo competenze specifiche – pensiamo di sapere che cosa è meglio per noi. Magari contro le evidenze della scienza e di chi dedica la vita a renderci partecipi dei suoi progressi. Forse dietro a tanta rabbia e aggressività, si nascondono squarci enormi di ansie e paure mai risolte. Potrebbe essere utile condividere questo messaggio con chi, tra le sue conoscenze, è un diffidente incallito e – di conseguenza – un iper-controllante.

Alberto Pellai

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