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Quelle mormorazioni che spengono la fede

Questa domenica, il “discorso del pane della vita” arriva al suo apice, soprattutto con la promessa di Gesù che identifica questo pane con il della sua carne per la vita del mondo. 

Infatti, incapaci di leggere in profondità il miracolo della moltiplicazione dei pani, i Giudei avevano preteso a un altro miracolo dimostrativo : “Quale segno dunque tu fai perché vediamo e possiamo crederti? Quale opera compi? I nostri padri hanno mangiato la manna nel deserto e sono morti…” 

         Gli interlocutori di Gesù lo volevano imprigionare nelle categorie del passato e inquadrarlo nell’ ottica di ciò che sanno già, senza riconoscere in Lui la novità radicale. Cercano cioè di costringere il dono di Dio nelle proprie attese, di rinchiudere Dio nelle aspirazioni riduttivistiche dell’uomo, di collocare Gesù nelle categorie religiose tradizionali. Proprio dinanzi alla promessa di un pane “che dura per la vita eterna”, non trovano di meglio che riferirsi a Mosè e alla manna. Però la manna era soltanto l’immagine e la profezia del “pane del cielo”, quello vero; essa serviva a introdurre nel grande, definitivo e completo miracolo che si realizza ora: “Il pane del cielo è colui che discende dal cielo e dà la vita al mondo”. 

          Questa rilettura in chiave di annuncio (prospettiva futura) dell’episodio della manna nell’Esodo, la troviamo già nell’Antico Testamento: “Ricordati di tutto il cammino che il Signore tuo Dio ti ha fatto percorrere…, per farti capire che l’uomo non vive di solo pane, ma che l’uomo vive di quanto esce dalla bocca del Signore ” (Dt 8, 2-3). Si tratta del cibo primordiale, cioè tutto ciò di cui l’uomo ha bisogno: il cibo materiale, ma anche la Parola di Dio, la Legge, l’Alleanza.Nel dono del pane, che è Gesù, si colmano tutte le esigenze più profonde dell’uomo.

             Siamo quindi ammaestrati da Dio, e chi crede in Gesù ha la vita eterna. 

Il pane della vita, quello vero, che rappresenta il nutrimento eterno e che scende dal cielo, viene offerto “nascosto” nell’apparente banalità del quotidiano, e gli interlocutori di Gesù non si arrendono. Provano una difficoltà quasi insormontabile nel riconoscere un Dio modesto, che si manifesta nelle realtà ordinarie, comuni e quotidiane. L’uomo vuole sempre cercare Dio altrove, o spesso in un contesto di solennità. Eppure, Lui si fa trovare nelle cose o occasioni ordinarie e più comuni.

In ogni caso, è soprattutto con l’Incarnazione del Cristo che il quotidiano è diventato sacramento della presenza di Dio e sacramento della nostra presenza a Dio. D’ora in poi credere significa anche imparare a leggere gli avvenimenti della propria vita come espressione del passaggio di Dio.

Don Joseph Ndoum

                                                              Prima lettura 1Re 19,4-8 dal Salmo 33/34 Seconda lettura Efesini 4,30 – 5,2 Vangelo Giovanni 6,41-51

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