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Dalla nube luminosa si udì la voce del Padre

La Buona Novella – Introduzione al Vangelo della Domenica – II DOMENICA DI QUARESIMA / B – Mc 9,2-10 !

Dalla nube luminosa si udì la voce del Padre … (Mc 9,7)

Con una immagine paradossale e apparentemente contraddittoria inizia la seconda Domenica di Quaresima; il simbolo teofanico del Tabor è appunto quello della nube luminosa. Paradossale per chi vive di schemi rigidi, per chi ha una visione binaria della vita: o bianco o nero; o chiaro o scuro. E invece la vita non è altra che una chiara complessità! Proprio come la nube luminosa che sovrasta le teste ottuse e rigide di Pietro, Giacomo e Giovanni (cioè di tutti noi).

            Il Vangelo della trasfigurazione – della metamorfosi del cuore – è l’invito a salira il monte della vita quotidiana, accogliendo “tutto quello che fa parte della vita”, perché o “tutto ha un senso, persino i sassolini che sono per terra, o niente ha senso” (‘Il matto’, nel film LA STRADA di F. Fellini,). La complessità è il fascio luminoso che colora la nube di ciò che mi è oscuro, di quel velo che è e sarà sempre sugli occhi della mente. Perciò questa pericope evangelica è di una straordinaria bellezza e di una mistica struggente: il cielo è la radice della vita sulla terra. Siamo chiamati a guardare orizzonti che sono in alto, e non a vivere di bisogni saziati, appagamenti risarciti e compensazioni divorate. “La felicità è dappertutto; Dio l’ha messa dovunque” (protagonista del film INTO THE WILD, di Sean Penn): questoè quanto si canta ogni Domenica ed ogni giorno a Messa al termine del Prefazio: “i cieli e la terra sono pieni della tua glioria”. Ma perché possiamo giungere a contemplare la vera gloria non possiamo volare a bassa quota, né vivere ricurvi su un livello mediocre di esistenza piatta. Bisogna camminare, anzi scalare. Dopo la crisi della spiritualità mistica – dopo il Sessantotto – l’arte si è riversata sulla complicata complessità interiore, ammazzando gli slanci verso l’Alto e verso il Totalmente altro, Dio (K. Barth).

            Se Dio è Rupe, se la Montagna è uno dei luoghi simbolici per eccellenza della presenza di Dio nella Scrittura, allora vuol dire che non possiamo ancora restare a valle a piangere i nostri peccati o a racimolare affetti legati “alle esigenze del momento”. È l’ora di camminare verso le alture, come i viandanti della Ande o gli scalatori dell’Everest, come i camminatori del Trentino, e come gli alpinisti della Francia. E le nubi della vita, le tempeste della nostra storia non ci faranno paura ma saranno rischiarate dal Sole di Cristo, Dio fattosi uomo, Parola fatta carne, Verità presente nelle nostre difficoltà, Pasqua delle nostre croci, Beatitudine delle nostre sofferenze, Misericordia delle nostre miserie!

Fratelli, amici, compagni di viaggio!

Sorelle, amiche e madri!

Nella vita cristiana siamo decisi a salire la santa montagna di Cristo? Se ci siamo arenati nel passato, quale parte di noi ha bisogno di essere illuminata dal Signore? È veramente tutto perduto? Siamo destinati al fallimento? Coraggio! “Un passo alla volta, sempre avanti! Come nelle regole della dama”. (M. Buber)

Buona Domenica!

don Domenico Savio

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