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Venere e Cupido, olio su tela

Diego Velázquez – Venere e Cupido- Anno 1648 circa – Olio su tela
Misure 122,5*175 cm – National Gallery,Londra

Venere e Cupido di Diego Velázquez, tela nota anche con il nome di Venere di Rokeby, dal nome del luogo in cui si trovava la collezione privata che ne ha detenuto la proprietà nel corso dell’Ottocento (Rokeby Park, nello Yorkshire)

Nel XVII secolo nel nudo artistico i corpi non servivano più a rappresentare l’ideale etereo ed equilibrato di bellezza, ma per la prima volta iniziavano ad entrare in scena la malizia, il fascino e la seduzione.

L’opera venne realizzata all’incirca nel 1648 per dei collezionisti privati. Nella Spagna segnata dalla Controriforma era infatti impossibile che un quadro del genere girasse liberamente, e anzi si pensa che gli stessi proprietari ne abbiano occultato a lungo il possesso nei loro inventari, proprio per non correre rischi.
Infatti, per vedere un altro nudo artistico di quella forza, in terra iberica, si sarebbe dovuto attendere la Maja desnuda di Goya, realizzata nell’anno 1800, centocinquant’anni dopo.

Venere vi viene rappresentata senza i simboli a cui era di solito associata, rivolta di schiena, a mostrare languidamente il lato b allo spettatore. Davanti a lei c’è il figlio Cupido che le regge uno specchio, attraverso il quale possiamo vederla in faccia. Il suo viso però non è delineato chiaramente.
Il tema è quindi quello sì della bellezza, ma anche della vanità, o meglio ancora dell’egocentrismo. La sfocatura del volto e le pieghe delle lenzuola ci permettono però di concentrarci sul corpo, a differenza di quanto avveniva in altri quadri simili realizzati in quei tempi da Rubens e altri.

Nel 1914 il dipinto, esposto alla National Gallery, subì un pesante atto di vandalismo. Una suffragetta di nome Mary Richardson riuscì ad infliggervi alcuni squarci con un coltello, per protestare contro l’arresto, avvenuto la sera prima, della leader del movimento Emmeline Pankhurst.

Lo fece, disse, perché non gradiva «il modo in cui gli uomini guardavano l’opera a bocca spalancata tutto il giorno». Per fortuna il quadro fu poi perfettamente restaurato.

Immagini e informazioni prese dal web

di Fernanda Giannotti

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