editoriali

Ru486: da aborto di Stato a stato di abbandono conclamato

Viene introdotta per limitare la dilagante resa a braccia alzate dei ginecologi, in fuga verso l’obiezione di coscienza da quella pratica che tutti declamano liberatoria, liberticida in realtà: l’aborto. E senza riflessi religiosi in atto: solo scelte umane.

In Emilia Romagna la ‘sperimentazione’ inizia alla fine della prima decade del nuovo millennio. Conquista indecente, sia dal punto di vista scientifico (viene spacciato per farmaco un prodotto creato solo per dare la morte) sia economico (si pagano, con i soldi di tutti i contribuenti, cifre esorbitanti per importare due pillole, di fatto una viene buttata ogni volta), tacendo dell’aspetto etico e culturale.

Tutto rigorosamente all’interno delle strutture ospedaliere, d’altronde la legge 194 prevede e regolamenta l’aborto di Stato. Ma qualcuno sgomita e scalcia: in diverse realtà la pillola killer viene somministrata in day hospital e la donna, rispedita a casa, se la gioca da sola e sono più di due o tre le storie di dolore che vengono raccolte da giornaliste attente alla sofferenza umana.

Passano gli anni. Poi il Covid e la barriera dell’ipocrisia cade: Ru486 libera per tutte, a casa. Da aborto di Stato a stato d’abbandono conclamato, e le decine di realtà territoriali a sostegno della maternità difficile, nate per ‘rimuovere le cause’ come recita la legge, ancora una volta snobbate.

asciate ogni speranza voi che v’affacciate: questa vita non vi vuole e non vi merita, ci ha pensato il ministro Speranza di un Italia che di fatto si assottiglia ogni giorno di più.

Antonella Diegoli

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