famigliagli altri siamo noi

Riesco solo a guardare, muta, questo bambino finalmente, e miracolosamente, nostro

La mia vita è molto banale e molto intensa. Casa, lavoro, casa, amici, qualche hobby. Ma in questa vita banale è successo qualcosa. Sono le 11 del 28 luglio. Fa caldo. I rumori in questo posto sono ovattati, tutti parlano a bassa voce, medici ed infermieri si incrociano nei corridoi e io ho paura che qualcuno possa sentire i battiti del mio cuore che picchia all’impazzata.

Sto aspettando con Marco, nella piccola stanza del reparto di patologia neonatale, il nostro bambino. Lo vedremo oggi, per la prima volta, questo bambino amato fin dal primo momento in cui è stato concepito. Non sapevamo né dove né chi ma sapevamo già di amarlo e che un giorno o l’altro ci sarebbe stato lui per noi; e lo desideravamo anche se non era ancora.

Io lo sentivo crescere prepotentemente nel mio cuore, anche se non era ancora…

Ma ecco…sento dei passi.. .la porta si apre, qualcuno si dirige verso di me, mi devo sedere per l’emozione, ci dicono che questo è il nostro bambino…lo mettono tra le mie braccia…e allora il mio cuore si spacca in un milione di frammenti di gioia, dolore, emozione, stupore; vorrei gridare parole d’amore, sussurrare momenti di tenerezza, piangere le lacrime di tutta una vita, allentare la tensione che mi ha sorretta fin qui…ma riesco solo a guardare, muta, questo bambino che adesso, è finalmente, miracolosamente nostro.

È il 28 luglio ed è mezzogiorno. La mia vita, la nostra vita, non sarà più la stessa.

Daniela

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