famiglia

Mamma mi si è rotto il microfono

DAD, giorno 60. Sono le 10, casa in silenzio, figli sparsi in ogni angolo, ciascuno con le proprie cuffie e il proprio device. I più fortunati con il computer smesso l’anno scorso, recuperato dalla cantina, gli altri su tablet e telefonino.

Ogni tanto un “sì prof”, “giorno prof.”, a confermarmi che sono a casa con me, ma sono a scuola. Sono a scuola davvero, circondati da libri e quaderni, con davanti il prof e la lavagna virtuale, sulla chat le chiacchiere con i compagni. Una parvenza di normalità, in una situazione che molto normale non è.

Sono passati già due mesi da quando è iniziata la pandemia, e da altrettanto tempo i nani di casa non mettono più piede fuori dall’uscio. Non credevo che la scuola, la “nostra” scuola italiana, spesso fredda e poco accogliente (in senso letterale: ho da anni figli che abitano classi senza riscaldamento e in cui piove), avrebbe saputo reinventarsi così bene, così in fretta.

A Milano siamo sicuramente fortunati, già dai primi giorni i prof. hanno capito che la situazione era seria, e conveniva rimboccarsi le maniche, le videolezioni sono iniziate subito.

All’inizio timidamente, con i primi collegamenti caratterizzati dall’emozione e dalle difficoltà tecniche… mi vedi? Prof mi sente? Prof Maria non riesce ad entrare. Poi via via più organizzati, con l’orario delle lezioni, i compiti, le interrogazioni.

Grazie prof.   

Trimamma

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