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Il caso di Fermo. “Non lasciamoci rubare l’Umanità!”

In questi giorni stiamo riflettendo su ciò che è accaduto qualche sera a fa a Fermo. Le prime notizie giunte ci hanno comunicato la tragica morte di Emmanuel Chidi Namdi, trentaseienne cittadino nigeriano, che era riuscito ad andare via dal suo Paese di origine, in questi ultimi tempi vittima delle violenze sanguinarie dei terroristi di Boko Haram. Il giovane Emmanuel era arrivato in Italia in compagnia della moglie Chinyery, ed erano ospiti della comunità diocesana fermana presso il Seminario Arcivescovile, esattamente secondo quello spirito di accoglienza che a più riprese Papa Francesco ha voluto richiamare tutte le chiese locali.

Secondo le prime ricostruzioni Emmanuel e sua moglie stavano passeggiando di sera, quando sono stati avvicinati da due residenti del posto che li apostrofano con insulti razzisti. Emmanuel ha reagito proprio quando uno di questi insulti ha colpito sua moglie in maniera molto grave. Si può sopportare tutto, ma non di certo quando viene colpita la dignità della persona che ami di più.

Questo ha scatenato la violenza omicida di Amedeo Mancini, uno dei due aggressori, ultrà appartenente a gruppi dell’estrema destra, che pare abbia colpito a più riprese Emmanuel con un palo della segnaletica stradale, per poi finirlo a calci e pugni sulla testa.

Emmanuel e sua moglie erano fuggiti dal terrore. Avevano attraversato l’Africa e il Mediterraneo, affidando il loro destino a dei mercanti di morte, sciacalli che fanno mercato del desiderio di speranza di gente che non ha più un presente, e tanto meno può immaginarsi un futuro nella propria terra. Affidano quello che hanno: soldi, speranza, vita, a dei barconi, e devono sperare che il mare sia clemente con loro. Perché non poche volte succede di non riuscire a vedere la méta. Loro avevano attraversato quest’inferno, per poi trovare la morte per mano di un razzista provocatore…

Non scrivo queste parole per suscitare pietismi o solleticare buoni sentimenti, ma perché ci ricordassimo di essere UOMINI. La crisi economica, la difficoltà della vita, il malcostume imperante hanno talmente avvilito le nostre coscienze, da renderci sospettosi e riluttanti nei confronti di tutto, preferendo il cinismo raggelante al sentimento umano. Detesto quando a qualcuno che ricorda il disastro umanitario che si sta assistendo in Medioriente e in Africa, si risponde dandogli del “buonista”. Detesto quest’aggettivo sdoganato con tanta facilità, perché è la via più semplice per uccidere la pietas.

E la prova di quello che sto scrivendo ora è nelle notizie successive a quelle della morte di Emmanuel. Pare ci siano dei testimoni fermani che affermano che sono stati Emmanuel e sua moglie a provocare e ad aggredire, e quindi ritengono che i gesti di Mancini altro non sono che “legittima difesa” purtroppo finita male. Poco importa però che il citato Mancini aveva già dei precedenti, un daspo e propugnasse delle idee pseudo-politiche che parlano da sole. Poco importa se don Vinicio Albanesi abbia riportato che nelle ultime settimane gli stessi estremisti avevano piazzato degli ordigni esplosivi davanti alle chiese che ospitavano i migranti. Poco importa che sui social network le notizie sono commentate con parole piene di livore, disprezzo, vergognoso razzismo, condite da squallido qualunquismo, dove tutte le motivazioni sono buone, anche se non provate. Voltaire (o chi per lui, visto che la frase è attribuita) diceva: “Calunniate! Calunniate! Qualcosa resterà!”. Lo diceva in riferimento alla religione cattolica, ma penso che oggi valga per qualsiasi cosa. Non conta la verità, non conta l’umanità; conta la propria affermazione, il difendere il proprio, risicato, orticello. Ogni cosa è una minaccia, e pertanto tutto fa brodo. Ma si inghiottisce così il veleno dell’odio.

Ed in questo periodo, in cui i media fanno di tutto per accendere la miccia del sospetto, dai salottini patinati collegati con le piazze colme di isterici che inveiscono contro tutto e tutti, ripetendo a manetta sempre e solo le stesse frasi, agli pseudo intellettuali che con le loro acrobazie spengono il dialogo e affermano il dogma dell’opinione, non considerata più come punto di vista, ma come unico postulato accettabile. Dal qualunquismo dilagante, che uniforma il pensiero e spegne la ricerca della verità, alla volgarità esibita come stile per prevalere sull’interlocutore. Questo calderone ha ucciso la nostra umanità, e ci ha preparati alla mostruosità di chi accetta e giustifica tutto, anche la barbarie. Questo succede a chi, parafrasando Pier Paolo Pasolini di Salò, “è disposto a mangiare la merda!”

Non sta a me condannare Amedeo Mancini in questa sede. Ci penserà la Magistratura nelle sedi opportune ad appurare la verità dei fatti. Sta a me ricordare però a tutti che Amedeo Mancini non ha fatto bene a fare quello che ha fatto. Sta a me ricordare a tutti, a cominciare soprattutto da me stesso, che la violenza non è mai una strada da scegliere. Sta a me ricordare a tutti che chi sceglie la strada della violenza sceglie sempre quella della morte.

 

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