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Autonomia e sindrome di Down, il modello Aipd compie 30 anni

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Era il settembre del 1989 quando prese il via il primo corso di educazione all’autonomia dell’Associazione Italiana Persone Down, nata esattamente 10 anni prima. Oggi, esattamente 30 anni dopo, parte il Seminario 2019 di formazione per operatori dei percorsi di autonomia: 64 partecipanti da 24 città italiane, oggi e domani presso la libreria Erickson di Roma, apprenderanno o approfondiranno la strategia di AIPD per promuovere e sostenere l’autonomia delle persone con sindrome di Down.

L’associazione quindi, mentre compie 40 anni e li celebra con il DownTour  (che il prossimo 13 ottobre concluderà la sua avventura a Roma), festeggia anche i 30 di questa esperienza, che ha avuto un ruolo cruciale e di svolta nel modo di stare al fianco e dalla parte delle persone con sindrome di Down. Sono percorsi rivolti ad adolescenti con sindrome di Down tra i 15 e i 20 anni cui nel tempo si sono affiancate altre esperienze educative per adulti e preadolescenti sempre orientate alla crescita dell’autonomia . Nel 2018 questa esperienza ha coinvolto più di 1000 ragazzi e adulti nei corsi sparsi nelle 54 sezioni Aipd in tutta Italia. E moltissime esperienze analoghe si sono diffuse in altre realtà ispirandosi alla metodologia AIPD.

Autonomia: perché? Per una persona con sindrome di Down, l’autonomia è spesso molto difficile da conquistare, da una parte per i limiti collegati alla disabilità, dall’altra per “l’ambivalenza dell’ambiente, che tende a eccedere in ‘coccole’ e quindi ostacola l’autonomia possibile – spiega Anna Contardi, portavoce nazionale di Aipd – Dal 1989 l’Aipd ha sviluppato un progetto dedicato allo sviluppo dell’autonomia, soprattutto fuori casa, che chiamiamo il Club dei ragazzi: una volta a settimana, per circa tre ore, piccoli gruppi di adolescenti si incontrano il pomeriggio e, con l’aiuto degli educatori, fanno le attività che farebbe qualsiasi adolescente. La maggior parte delle attività si svolge direttamente in strada o nei negozi e luoghi di divertimento. Le attività sono progettate intorno agli interessi tipici dell’età, a quelli specifici dei partecipanti e alle risorse del territorio. I ragazzi imparano così a usare il denaro, a usare i mezzi pubblici, a relazionarsi con gli sconosciuti direttamente nella realtà”.

“Saper fare”: le 5 aree. I percorsi di educazione all’autonomia mirano al rafforzamento delle competenze in cinque aree: 

  1. COMUNICAZIONE: saper chiedere, saper dare i propri dati…
  2. ORIENTAMENTO: leggere e seguire indicazioni stradali, saper individuare punti di riferimento, riconoscere fermate di autobus, metro e taxi…
  3. COMPORTAMENTO STRADALE: attraversamento, semafori…
  4. USO DEL DENARO: acquisizione del valore del denaro, riconoscimento, conteggio, corrispondenza prezzo-denaro, resto…
  5. USO DEI SERVIZI: corrispondenza prodotto-negozio, supermercati, negozi di uso comune, bar, cinema, bowling, uffici postali, mezzi pubblici…

“Saper essere”.“Essere capaci di “fare le cose da grandi” è importante, ma” i ragazzi devono anche sentirsi grandi, essere consapevoli di se stessi e di poter essere riconosciuti grandi dagli altri – spiega Contardi – Abbiamo affinato lo sguardo sulle difficoltà dei ragazzi e su come insieme possiamo trovare le strategie per aggirarli, permettendo a chiunque di cucinare, ma anche di esprimere il proprio diritto di voto”. Intorno al corso sono nate poi altre iniziative che a partire da esso hanno dato risposte al bisogno di tempo libero o di residenzialità. Oltre al Club dei ragazzi, ci sono: Agenzia del tempo libero, dedicata a tutti giovani che hanno terminato il Club e hanno più di 20 anni di età; Agenzia Più, per persone con sindrome di Down over 35 anni; Casa Più, uno spazio in cui iniziare a sperimentare, nel weekend, la gestione di una casa e la separazione dalla propria famiglia, nella stessa città di residenza; Circolo del tempo libero, un’esperienza orientata al raggiungimento della massima autogestione possibile, in cui gli educatori vanno scomparendo; Vacanze estive, organizzate dalla maggior parte delle sezioni, si svolgono spesso in case messe a disposizione dalle famiglie, in residence o altri tipi di strutture.

Testimonianze: l’educatrice…“Nel 1989 le persone con sdD erano considerate eterni bambini, molte arrivavano in sede tenute per mano – racconta Patrizia Danesi, che come educatrice e formatrice di Aipd ha seguito i corsi di autonomia fin dall’inizio – Qualcuno ci chiedeva a cosa sarebbe servito far acquisire loro autonomia dal momento che poi, pensavano, non avrebbero avuto occasione di spenderla nel quotidiano. Il corso ha cambiato profondamente il modo di vedere le persone con sdD, è stato strumento di consapevolezza per loro, per le loro famiglie ma anche per tutti coloro che semplicemente oggi le incontrano per strada, sugli autobus, al cinema. E ha avuto il grande merito di formare generazioni di educatori al rispetto dell’identità di ciascuno e di un’autonomia possibile per tutti”.

… e Alfredo. “Il club è stato per me molto importante, sono stati 3 anni molto significativi, con le persone giuste al momento giusto – racconta Alfredo, che oggi ha superato i 40 anni e fu tra i primi a frequentare il corso – Io ho fatto la mia esperienza, ho un lavoro e ho conquistato la mia autonomia. I giovani di oggi devono fare la loro parte del cammino di crescita”.

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