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Apocalisse

E’ difficile parlare di tragedie, soprattutto quando il dolore e la paura si avvicinano pericolosamente a quell’aura personale che ognuno di noi, mattone dopo mattone, nell’arco della propria vita, si costruisce con fatica e che abbraccia se stessi e i propri cari.
Quando questa viene investita da una tragedia improvvisa e devastante si assiste inermi alla sua distruzione, cade insieme ad ogni mattone, con ogni tremore della terra si lacera l’anima e rimane solo il tormentoso silenzio che accompagna ogni singola scossa, dentro e fuori.
Trovare altre parole, in preda allo sgomento, alla rabbia, al senso di solitudine che ti attanaglia gola cuore e anima è difficile. E’ vivere in apnea con la subdola coscienza che in fin dei conti, non sia ancora passato il pericolo.
E a nulla serve isolarsi per cercare la quiete perché nella nostra indole, nel nostro dna viene scolpita anche la predisposizione verso il prossimo e allora negli spasmi di dolore, dalle ceneri, si rinasce; si cerca di essere presente per chi sopravvive, per i bisognosi si prova ad attenuarne la sofferenza donando un sorriso; a chi non è rimasto per raccontare l’orrore si porta un fiore.
Il mio pensiero va alla piccola Elisa Caponi, figlia di un amico e collega che a 18 mesi ha lottato per sopravvivere ma che non è riuscita a trattenersi qui. Alla sua nonna, anche lei vittima.
Il mio pensiero va ad ogni singolo bambino ogni singola mamma, ogni padre a cui è stata tolta l’opportunità di fare quello per cui siamo stati messi al mondo…vivere la propria esperienza terrena.

“Ed egli asciugherà ogni lacrima dai loro occhi, e la morte non ci sarà più, né ci sarà più cordoglio né grido né dolore. Le cose precedenti sono passate”.
Apocalisse 21:4

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